(Dal Prologo)
Tamburi. Un suono lontano, inquietante, che proveniva dalla profondità della terra. Il guerriero si fermò ad ascoltarli. Un brivido lo percorse dalle viscere alla testa, poi tornò a bere l’acqua fredda del ruscello che attraversava l’accampamento. Era ancora buio, la sveglia ai soldati era stata data senza attendere l’alba; quello era il giorno della battaglia.
“Tamburi, fanno sempre così”.
L’ufficiale marso si affiancò al soldato sannita e insieme orinarono sulla stessa siepe. Il terreno sotto i loro piedi restituiva le vibrazioni delle pelli percosse dai nemici a poche miglia di distanza.
“Non ti impressionare. Anche alle Acque Putride i Teutoni ci svegliarono così; e si sa come sono finiti. I tamburi non uccidono”.
“Alle Acque Putride io non c’ero”.
“E’ la prima volta, lo so, ma oggi ci sei. E oggi è uno di quei giorni in cui si può guadagnare fama e gloria. Un giorno che può valere una vita, per un soldato. O per un capo”.
“Perchè dici così?”
“Perché tu lo sarai”.
Il rombo aumentò in ritmo e volume. Ora i tamburi dei temuti nemici sembravano più vicini.